L'assassino

Roh strinse i denti e si girò di scatto sentendo un forte dolore alla spalla destra: la punta di un dardo era conficcata nella sua carne, fortunatamente rallentata dall’imbottitura dell’armatura. Dopo un istante troppo corto per tendere nuovamente la corda della balestra un nuovo proiettile stava già volando verso l’uomo, ma questa volta non lo colse impreparato e l’angolazione non più perfetta permise alla leggera cotta di maglia di deviare il colpo.
Istintivamente, senza dire una parola, i tre compagni si avvicinarono alla porta della stalla ma i mercenari, dopo un rapido cenno d’intesa, si strinsero sui malcapitati pronti ad attaccarli.
– Copritemi! – disse Roh mentre cercava di estrarre il dardo prima che potesse arrecare altri danni. Gli esorcisti si disposero a bloccare la strada agli aggressori; tenere a bada due avversari a testa non era facile, ma i due compagni sembravano disporre di un’esperienza di gran lunga superiore a quella dei mercenari, nonostante l’aspetto giovanile che poteva trarre in inganno quelli che incoscientemente li affrontavano. Olsir roteava con facilità un grosso spadone, mentre Ahil combatteva con una spada leggera e uno scudo.
L’avventuriero trovò un riparo e, con un gesto rapido e accurato, estrasse dalla sua spalla la punta, che per fortuna sembrava essere penetrata soltanto di un paio di centimetri. Fece il possibile per pulire la ferita con uno straccio e notò che stranamente non sembrava più dolere – Devono aver imbevuto il dardo con una sostanza soporifera. Per fortuna la ferita è leggera, altrimenti il veleno avrebbe avuto ben altro effetto … – ragionò tra sé e sé.
Roh stava per riunirsi alla mischia quando sentì scricchiolare un trave sopra la sua testa, rumore subito dopo seguito dal sibilare della balestra. Anche questa volta il dardo mancò, seppur di poco, l’obiettivo. Individuata la minaccia il guerriero scagliò un pugnale verso il suo aggressore e, anche se non riuscì a ferirlo, lo fece sbilanciare, costringendolo ad un acrobatico atterraggio.
– E così ci incontriamo di nuovo … bene. Presso la dimora dell’arcimago mi sei sfuggito, ma non capiterà di nuovo. – esordì lo sconosciuto.
L’avventuriero si teneva a debita distanza studiando l’avversario – Cosa ti fa pensare che il risultato sarà diverso?
L’assassino rispose con un ampio sorriso e si lanciò all’assalto. Roh deviò facilmente i primi fendenti respingendo l’uomo, ma faticava sempre di più a stare al passo: il suo braccio si faceva più pesante e un senso di torpore lo invadeva. Una nuova pioggia di fendenti gli fece perdere terreno e si rese conto di non essere all’altezza dell’avversario mentre alcuni affondi lo ferirono lievemente.
– Ora capisci perché? Sei caduto nella mia trappola, è solo una questione di tempo.
Roh sapeva bene che il morale giocava un grosso ruolo nelle battaglie e doveva dimostrare al nemico che si stava sbagliando di grosso a sottovalutarlo. Se non poteva affrontarlo in uno scontro diretto non gli rimaneva che giocare d’astuzia. Le sue mosse rallentarono ulteriormente, i movimenti si fecero ancora più lenti, lasciando all’assassino un ampio vantaggio. Quest’ultimo, ormai certo della vittoria, sfruttò il momento ma riuscì ad infliggere solo leggeri tagli senza trovare il colpo decisivo.
Il corpo di Roh era percorso, ad ogni nuova ferita, da scosse di dolore e adrenalina che lo aiutavano a restare lucido e a preparare la sua trappola. Quando l’avversario cominciò a rilassarsi, credendo di avere la situazione in pugno, il soldato decise che era il momento di dare il tutto per tutto: con un lento affondo lasciò un’ampia apertura nelle sue difese e non appena l’assassino cercò di colpirlo scattò in avanti spingendolo contro una parete. Il nemico non riuscì nemmeno a comprendere cosa fosse successo: Roh gli era nuovamente addosso e lo colpiva ripetutamente. A causa dei colpi subiti lasciò cadere l’arma e iniziò a preoccuparsi vedendo che il suo obiettivo si trovava in condizioni migliori di quello che credeva. Tentò di allontanarsi, ma il soldato, fisicamente molto più forte, lo bloccò, lo fece cadere a terra e gli fece perdere i sensi.
I mercenari che avevano visto la scena cominciarono ad indietreggiare ed interruppero il combattimento.
– Siamo stati pagati per fare questo lavoro, ma non ne vale la pena, inoltre il committente è fuori gioco, io me ne tiro fuori!
– Ma non possiamo, sono una gilda di assassini! – rispose un altro.
– Gilda di assassini o no, qua ci rimettiamo la vita. – ragionò il primo.
– Allora andiamocene subito, magari non riusciranno a seguirci se facciamo perdere le nostre tracce… – aggiunse il terzo.
I quattro militari si allontanarono sperando che i due inquisitori non li inseguissero, ma questi non avevano intenzione di spargere inutilmente sangue e soprattutto di perdere ulteriore tempo.
– Cosa gli hai fatto? Lo hai ucciso? – chiese Olsir
– No, possiede informazioni indispensabili, inoltre ho ragione di credere che qualcosa non sia a posto. – disse Roh riflettendo sulle parole dell’Anziano che lo aveva salvato sulla montagna: non sono persone normali, qualcosa è successo loro.
– Cosa intendi dire?
– Non lo so, è un’impressione. Questa persona non è nulla di eccezionale, non è di sicuro un assassino esperto, non ha una muscolatura sviluppata che possa indicare un allenamento degno di una gilda di quelle dimensioni… Eppure le sue capacità erano degne di un professionista, anche la sua forza, sebbene non fosse impressionante è decisamente fuori luogo per il suo fisico. Direi che sia entrato in contatto con un’ombra o con qualche creatura simile; se è vero che l’evocatore lavora per la gilda allora è perfettamente possibile.
Ahil guardò un momento il corpo dell’uomo svenuto – Non credo che abbia mai assorbito una di quelle creature, la sua pelle si sarebbe tinta di grigio.
– Questo è vero, ma non se è stato stipulato un contratto magico, in quel caso si tratterebbe di una simbiosi tra i due esseri e non vi sarebbero segni di corruzione.
La donna rimase un momento in silenzio – Potresti aver ragione, ma come conosci queste cose?
– Forse perché anche io faccio spesso fronte a pericoli ben più gravi di quelli che possono provenire da semplici uomini.
– Be’, sei meglio di quanto non pensassi, la fama che ti circonda allora non mente. – rispose con un sorriso di ammirazione – Riposati un momento, non sembri stare molto bene, noi ci occuperemo di qualunque cosa possa essergli successo. – poi si guardò attorno e dopo aver visto lo stalliere che fino a quel momento era rimasto nascosto, temendo per la propria vita lo esortò ad allontanarsi. L’uomo non ci pensò due volte e fece quello che gli era stato detto, correndo fuori dall’edificio.
Roh si tirò in disparte, non apprezzava la magia e non voleva averci nulla a che fare. Cominciava lentamente a perdere lucidità a causa dell’effetto soporifero della sostanza che si trovava sul dardo, quando i due esorcisti completarono sul pavimento il disegno di un intricato cerchio magico. Olsir prese una boccetta contenente un liquido incolore e lievemente opaco e ne versò il contenuto sul corpo dell’uomo che giaceva ancora svenuto. La sostanza si illuminò e in risposta lo fece anche il cerchio magico, creando una gabbia fatta di magia attorno all’assassino. I cavalli, che non erano stati allontanati, si agitarono spaventati ma non potevano allontanarsi, legati al loro posto.
La luce sembrava condensarsi, prendendo la forma di una leggera nebbia che si alzava dai simboli tracciati sul pavimento, trascinando con sé tutte le ombre. Mentre ricopriva il corpo privo di sensi qualcos’altro sembrò dimenarsi in mezzo alla luce, cercando disperatamente di rimanere attaccato al suo ospite. Gli esorcisti alzarono due sottili spade rituali, ma invece di colpire la creatura menarono allo stesso tempo un fendente nell’aria, che sembrò lacerarsi con una seconda esplosione di luce.
Quando Roh riuscì di nuovo a vedere cosa stava succedendo, la stalla era tornata come prima e anche gli animali si stavano calmando.
L’ora della tempesta era finalmente passata ma, invece di un arcobaleno, nel futuro sembravano annunciarsi eventi di ben altra natura.

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