L'attesa

I due compagni continuarono a ridere e scherzare fino a quando raggiunsero nuovamente il portone dell'abitazione di Zofus. Bussarono e ancora una volta si presentò la stessa scena: comparve il fantasma, dovettero nuovamente identificarsi, non senza l'ennesima sfuriata di Roh, e furono indirizzati verso un'altra stanza dove era allestito un tavolo per la cena.
Conoscendo il mago, le dimensioni ridotte della tavola facevano pensare che molto probabilmente non era utilizzata per gli incontri ufficiali. La presenza di quadri, ciondoli e molti altri oggetti che sembravano privi di significato per la professione di un incantatore davano al locale un aspetto riservato. Il tavolo era apparecchiato con tre piatti, cosa abbastanza strana visto che nessuno aveva avvisato il padrone di casa, che ancora non si vedeva, della presenza di un ulteriore ospite. Zofus non tardò molto ad arrivare, si presentò a Fal, che non aveva ancora conosciuto se non di vista, e si scusò, attribuendo il ritardo ad alcune comunicazioni importanti.
Il mago era indeciso se l’amico di Roh fosse a conoscenza di quello che stava succedendo o se avesse semplicemente seguito il compagno in questa fase iniziale del viaggio, ad ogni modo decise che non era il caso di renderlo partecipe alle loro folli avventure e scansò l’argomento. I temi di conversazione furono disparati, si parlò di viaggi, di rovine, di magia, di alchimia e di invenzioni. Ognuno condivideva quello che sapeva ed ascoltava con interesse le storie degli altri; la conversazione era accompagnata con dell’ottimo cibo, portato a tavola dalle apparizioni spettrali che popolavano la casa.
La cena si protrasse a lungo e, quando la conclusero, erano tutti sazi, sia di cibo che di sapere, e stanchi, ma dopo aver mostrato ai due compagni le stanze Zofus convocò Roh nel suo studio, dove lo aveva incontrato la mattina. Il guerriero, potendo intuire il motivo della richiesta seguì immediatamente il supervisore. Nonostante la tarda ora l’uomo fu costretto a fare un resoconto della giornata al mago, raccontandogli tutto ciò che aveva scoperto. L’incantatore si congratulò con lui per la quantità di informazioni che aveva ottenuto. Con suo dispiacere non poteva aggiungere molto, in quanto solo i guardiani delle terre più vicine gli avevano risposto. Da quello che aveva saputo le Ombre avevano iniziato a manifestarsi in diversi luoghi, seppure gli avvistamenti fossero in numero molto ridotto. Le indagini svolte, inoltre, non erano state in grado di definire l’origine della minaccia, quindi l’unica da fare era aspettare notizie da terre più lontane. Sebbene quelle creature costituissero un problema enorme ciò che turbava maggiormente Zofus era di non aver ricevuto nessuna notizia sui movimenti della gilda di assassini e del convocatore.
La preoccupazione in quella sala era palpabile, la situazione era pessima e senza informazioni più precise non era possibile procedere senza rischiare di commettere qualche errore fatale. Roh scosse la testa e si congedò nella speranza che la notte potesse portargli consiglio.
La mattina successiva preannunciava una giornata di sole pieno, adatta per una nuova passeggiata tra i quartieri della città, ma l’avventuriero non aveva intenzione di lasciare l’edificio per ricevere il prima possibile qualunque notizia potesse dimostrarsi utile.
Giunse mezzogiorno, ma nessun’ombra, assassino o convocatore erano stati avvistati e nessuna notizia pertinente era ancora giunta. Fal si era chiuso in un piccolo laboratorio che l’ospite gli aveva fornito e non si era ancora reso conto dell’ansia che attanagliava Roh. L’uomo diventava sempre più agitato ogni ora che passava, conscio che non poteva far nulla.
Nel primo pomeriggio, a forza di salire e scendere lungo le scale della torre principale dell’edificio, si imbatté nella sala degli ospiti, che in quel momento era completamente vuota perché il mago quel giorno non riceveva visite.
Il locale era abbastanza semplice e non metteva in soggezione chi doveva trascorrervi del tempo. Sembrava un piccolo salotto di una casa signorile: le pareti erano alte e chiare con mobili di legno scuro che contrastavano con il colore dei muri e per concludere un tavolo ben rifinito si trovava nell'esatto centro della stanza, sopra al quale c'era sempre una teiera colma d'acqua bollente e un intero servizio in porcellana.
Un orologio a pendolo si nascondeva tra le tende dalle quali filtrava una tenue luce.
– È presto! Certo che lo è, ma il tempo corre rapido. – pensò l'uomo – Fal ora non lo posso raggiungere, chissà dove si sarà cacciato!
Fece un giro della stanza osservando con attenzione tutto ciò che era in mostra dietro le enormi vetrate degli scaffali. Piatti finemente decorati, soprammobili vari provenienti da tutto il regno e pregiatissimi oggetti in vetro e metallo.
– Ed ecco un'altra sfilza di oggetti senza alcuna utilità. – sospirò – A cosa sono mai serviti?
Decise quindi di sedersi su una delle poltrone che circondavano il tavolo e si accomodò per rilassarsi.
– Quando mi annoio sono troppo negativo, qualunque cosa è sempre buona per essere criticata, almeno per me!
Si rigirò sulla sedia per una mezz'ora, poi si addormentò senza quasi accorgersene.
I secondi correvano, i minuti scivolavano e le ore lentamente si trascinavano lasciando posto a quelle che dovevano venire.
L'incedere del tempo a un certo punto sembrò rallentare e fermarsi, Roh non aprì gli occhi, ma sentì un passo leggero avvicinarsi sulle assi del pavimento, mentre tentava di confondersi con il regolare ticchettio dell'orologio. Socchiuse le palpebre facendo finta di continuare il sonno, lo faceva sempre se veniva svegliato senza che se lo aspettasse, l'unica cosa che riuscì a vedere era lo scintillio di una lama che calava rapida contro di lui.
Più rapido di quanto l'aggressore si aspettasse, Roh puntò i piedi in terra, rovesciò la poltrona e rotolando su se stesso si allontanò dalla minaccia. Ebbe il tempo di riprendersi e voltare lo sguardo nella direzione da dove aveva visto provenire il pugnale che già non vi era più nulla.
Mise mano all'elsa della sua spada ma non la estrasse, contro chi l’avrebbe dovuta puntare?
Non capiva cosa stesse succedendo e l'ignoto gli incuteva paura, la sua arma era fredda e ruvida, che fosse presagio di morte?
Con un gesto fulmineo Roh sfilò la spada dal fodero e la fece saettare verso le tende che aveva alle sue spalle, un'arma cadde risuonando sul legno e i candidi teli si macchiarono di rosso. Fu ancora più rapido nel voltarsi, ma a nulla valse il suo sforzo: quello che poté vedere non fu più di una sagoma scura uscire dalla finestra compiendo un prodigioso balzo verso il tetto di un’abitazione vicina per poi scomparire sotto il rosso sole del tramonto.

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